Un punto di partenza

Margherita, 26 anni
Università di Firenze, neolaureata

Sono un’aspirante pediatra, amo i pinguini e ho paura delle lumache. Mi piace viaggiare e conoscere nuove culture.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

08/03/2016 - Sono molto soddisfatta di questa mia seconda esperienza africana. Queste quattro brevi ma intense settimane nell’ospedale di Tosamaganga mi hanno permesso di osservare da vicino cosa vuol dire fare il medico in un paese in via di sviluppo, con tutte le soddisfazioni e i successi ma anche con le sue non poche frustrazioni. Ho avuto la fortuna di incontrare persone straordinarie come il dottor Dominik e le due JPO Sara e Martina che sono diventati i miei nuovi modelli di riferimento di medici competenti, entusiasti e appassionati, oltre che persone molto simpatiche e divertenti.

Stando la maggior parte del tempo in pediatria e neonatologia, ho preso coscienza della sconcertante diffusione della malnutrizione in questo paese e delle malattie a essa connesse, come tbc e hiv, e del peso fondamentale dei fattori sociali e culturali come suoi determinanti.

Mi ha stupito molto la capacità di trasformazione di questi bambini malnutriti che a volte arrivano in ospedale molto sofferenti e apatici, se non moribondi, e poi con le dovute cure e il tempo necessario riprendono a sorridere e a giocare. Non sembrano affatto gli stessi bambini arrivati giorni fa.

Grazie a questa esperienza mi sono avvicinata per la prima volta alla neonatologia e mi sono innamorata di queste creaturine così fragili ma allo stesso tempo tenaci, dei loro ritmi tranquilli e dei loro progressi lenti (pole-pole, come dicono da queste parti).

Ho visto tanti neonati con birth asfixia e poi bambini più grandi con paralisi cerebrale al follow-up, con mamme molto brave e forti. Qui puoi diventare mamma anche a 14 anni se sei malnutrita o con problemi cognitivi.

Puoi morire per avvelenamento da medicina tradizionale oppure per disidratazione perché le infermiere sono poche, come quasi sempre accade in Africa, e succede che non riescano a sorvegliare adeguatamente il reparto. Ma ho visto anche molti successi, come bambini con malaria severa che sono arrivati in coma o con l’emoglobina bassissima e che poi con l’artesunato e le trasfusioni si sono ripresi in tempi rapidissimi. Vanessa, una bambina con una brutta polmonite, è stata salvata grazie a un trattamento avvenuto con l’utilizzo di Vancomicina.

Della Tanzania porterò con me i suoi straordinari colori: il verde rigoglioso della vegetazione, il marrone acceso del fiume in piena, l’arancione e l’azzurro degli uccellini, il nero profondo della notte illuminata solo dalle stelle, l’arcobaleno dei vestiti delle donne.

Mi mancherà tagliare in modo creativo il mango, dormire sotto la zanzariera, il chipsy maiai, mama Edson, i coffee meeting da Dominik e l’allegria gioiosa delle nurses della neonatal unit.

Questa esperienza mi è servita per rafforzare in me l’intenzione di tornare in futuro in Africa per un periodo più lungo, magari come JPO durante la specializzazione, quando avrò acquisito le competenze necessarie.

Spero quindi che questo sia un punto di partenza per nuove stimolanti esperienze future.

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