Colore e calore

Natashia, 25 anni
Laureanda, Università di Udine

Amo viaggiare, soprattutto in bicicletta, e adoro i dolci.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

02/02/2016 - Arrivo all'aeroporto di Dar e... quasi mi sento un'intrusa! Solitamente quando viaggio non mi piace dare nell'occhio, preferisco camuffarmi tra gli abitanti del posto e non farmi riconoscere come straniera, ma questa volta direi che è inevitabile.

Per la prima volta provo la sensazione che forse sentono alcune persone “di colore” che arrivano da noi, in Occidente. La differenza sta nel fatto che mentre da noi purtroppo troppo spesso gli sguardi degli altri sono di diffidenza e sospetto, qui al contrario colgo una scintilla di curiosità, quasi gioia e a volte persino divertimento.

Man mano che passano i giorni mi accorgo che la gente è sempre pronta ad accoglierti con un sorriso, che si anima ancora di più quando ti sente salutare con un “habari” o rispondere con un “nzuri”. Che peccato non aver studiato prima il kiswahili! In queste brevi quattro settimane c'è appena il tempo per imparare qualche parola e potersi orientare con i saluti e con alcune semplici domande ai pazienti in ospedale. Molti tanzaniani si accontentano di questo po’ e si rallegrano subito quando riescono a scambiare qualche parola, mentre altri approfittano del fatto che non capiamo molto per prenderci in giro e ridere di noi; capita anche che le mamme in pediatria facciano gruppo tra loro e se la ridano di fronte ai nostri sguardi smarriti in risposta alle loro domande incomprensibili. Il tutto avviene sempre con grande affetto, mai con l'intento di prendersi gioco di noi, e alla fine ridiamo anche noi insieme a loro.
A volte addirittura qualcuno ci accoglie con “shikamoo”, il saluto reverenziale destinato agli anziani e alle persone che esercitano una certa autorità. Tuttavia la risposta, “marahaba”, dopo quasi un mese di permanenza non mi viene ancora spontanea... con il comune “habari” mi sento molto più a mio agio, e non solo dal punto di vista linguistico.
Anche i bambini per strada accorrono subito appena ci vedono o ci salutano da lontano, spesso ci chiedono una “picha”, anche se molti appena vedono la macchina fotografica si nascondono intimiditi ma divertiti. Qualcuno, invece, si mostra più diffidente... scopro poi che anche qui ad alcuni bambini si racconta la storia dell'uomo nero, diventato però uomo bianco (“mzungu”).
A creare ancora più armonia e calore ci sono i colori, non solo della pelle: quelli dei vestiti dagli accostamenti improbabili che da noi farebbero rabbrividire gli esperti di moda ma che qui al contrario trasmettono allegria ed eleganza, e ancora di più quelli del paesaggio, che si perde in sfumature che sorprendono e lasciano a bocca aperta dietro ad ogni angolo.
Questa è la Tanzania, una terra calorosa, fatta di una varietà incredibile di paesaggi e colori che mutano così rapidamente nel giro di pochi chilometri, capaci di rendere il lungo viaggio in bus da Dar a Iringa, ma anche una semplice corsa di mezz’ora, un continuum di sorprese ed emozioni. Qui basta poco per sentirsi subito a casa.

 

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