I figli di Kituo Cha Yatiba

Elisabetta, 29 anni
Università di Verona, laureata

Mi piacciono i fiori nei capelli, il profumo del mare, le bretelle e i turbanti, la bossa nova brasiliana e il fado di Lisboa.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

04/04/2016 - Questa storia parla di una volontaria che ha deciso di trascorrere un anno della sua vita all'orfanotrofio Kituo Cha Yatima. Margot. È una ragazza giovanissima, laureata in Scienze del Servizio Sociale presso l'Università degli studi di Trento.
La prima volta che incontro Margot mi invita a far visita all'orfanotrofio. 

Uno degli specializzandi che ha lavorato per il Cuamm l'anno scorso mi racconta di non esserci mai stato, mi confida che non riuscirebbe a sopportare di constatare direttamente il pessimo livello di gestione della struttura da parte delle suore. Sarebbe troppo difficile tollerare di vedere così tanti bambini crescere nella trascuratezza e nell'indigenza più totale senza poter cambiare nulla.
Ammetto che la riflessione del mio futuro collega mi ha un po’ spaventata e la volontà iniziale di dedicare alcuni dei miei pomeriggi ai bambini è momentaneamente venuta meno. Il timore di trovarmi di fronte ad una situazione del genere mi atterriva.
Se non avessi incontrato Margot forse non avrei mai varcato il cancello di Kituo Cha Yatima. Il suo sorriso così vero, il suo sguardo limpido, il suo look un po' trasandato l'hanno resa fin da subito simpatica. La serenità che traspare dai suoi occhi e l'allegria contagiosa che porta con sé nella vita che affronta qui tutti i giorni hanno fatto nascere in me una profonda stima, una sincera ammirazione per questa forte e giovane donna.
Quando le chiedo come è cominciata la sua storia in Tanzania, quale percorso l'ha portata a Tosamaganga, mi risponde che da sempre, fin da bambina, ha sempre sognato l'Africa. Non sa definire il motivo di questa sua aspirazione, considerando che nessun suo familiare ha mai avuto questo interesse. "Un giorno, un giorno ci andrò!" si è sempre ripetuta per anni.
Arriva l'inizio del 2014: "Perché continuare a dire un giorno ci andrò?". Si sentiva pronta e sentiva che era arrivato il momento. Interminabili ricerche l'hanno portata a scoprire numerose associazioni missionarie, operanti dal Togo al Burkina Faso, che però non la convincevano o che richiedevano per l'adesione un dispendio economico per lei eccessivo.
Poi finalmente la svolta di nome Elisa, una ragazza italiana che lavora a Iringa e che ha adottato Neema, una bambina con problemi cerebrali che vive all'orfanotrofio. È Elisa che le parla per la prima volta di Kituo Cha Yatima e subito Margot capisce che quello è il posto in cui vuole andare. Margot parte per la Tanzania a settembre dello stesso anno e ci rimane per un mese. "È stato un mese di conoscenza, in cui ho confermato in pieno le aspettative che avevo sull'Africa, ma soprattutto quelle che avevo sui bambini".
Il suo obiettivo non appena rimesso piede in Italia è stato cercare di tornare in Tanzania. Ha lavorato per guadagnare qualcosa per il viaggio, ha conseguito la laurea triennale ed è subito ripartita.
Il suo ruolo nella struttura è quello di aiutare le dada dell'orfanotrofio quando ne hanno bisogno, per cambiare pannolini, stendere i panni, fare il bucato... qualsiasi cosa le chiedano di fare. "Anche se le dada faticano a chiedermelo, io offro sempre la mia disponibilità".
Quello che ama fare è soprattutto stare con i bambini, dare un po' di quell'amore che a tutti loro manca. E stare con Neema. Che richiede più attenzione, più presenza, perché non autonoma. 
Le dade all'orfanotrofio lavorano 24 ore su 24, tutti i giorni, mai un solo giorno di ferie; vengono pagate 40'000 tsh al mese: un corrispettivo di 20 euro! Devono occuparsi di più di 70 bambini e non possono vegliare adeguatamente su Neema.
Per questo Elisa ha assunto una dada, Margaret, che stipendia personalmente e che si occupa specificamente di lei.
Margot è un supporto ulteriore e molto utile perché occuparsi di Neema non è semplice, "anche solo per il fatto che ormai ha 10 anni, si è fatta grande e ha un peso consistente!". Ha bisogno di cure costanti perché non riesce a parlare, a comunicare le sue necessità, non è in grado di mangiare da sola, di camminare... per una persona sola è difficile da accudire. Il contributo di Margot sarà ancora più importante e di maggior responsabilità il prossimo mese, quando dada Margaret andrà in ferie due settimane. "Ha bisogno anche lei come tutti di staccare un po'”. 

Chiedo a Margot di raccontarmi la sua 'giornata tipo' all'orfanotrofio.
"Mi sveglio alle 7 del mattino, esco dalla mia stanza e subito vengo accolta da un'ondata di bambini, svegli dalle 6 e quindi già carichissimi e pronti a saltarti addosso! 
Vado con loro a fare colazione.
Scelgo di stare con loro durante i pasti perché le dade non si comportano affatto in modo accorto e amorevole, anzi spesso li picchiano per delle inezie. Se ci sono io lo fanno meno, anche perché, quando me ne accorgo in tempo, mi frappongo tra la dada e il bambino in questione!
Quasi tutti i bambini la mattina vanno all'asilo, io rimango all'orfanotrofio con i più piccoli.
Quando piove stiamo all'interno della struttura e sono le giornate più tristi, perché i bambini avrebbero dei giocattoli che però non gli è permesso usare, e quindi cerchiamo di inventare ogni modo possibile per ingannare il tempo.
Quando c'è il sole invece usciamo fuori e facciamo le bolle di sapone, gonfiamo palloncini, ci inventiamo giochi come “il trenino lungo lungo che attraversa la città”. 
Cambiati i pannolini e date le pappe si fanno le 10:30. Avrei le mie 2 ore di 'relax' che però sfrutto per fare il mio bucato, stendere e rigovernare un po' la mia stanza. Mi incamminino quindi verso l'asilo per andare a prendere i bambini più grandi che pranzano alle 12:30. 
Dopo pranzo torno dai più piccoli, e ancora cambio di pannolini, pappe, e a metà pomeriggio si mettono a letto.
Rimango fuori con più grandi fino alle 18, ora in cui i bambini devono assistere al rosario quotidiano nella cappella dell'orfanotrofio.
Alle 19 mi faccio una sommaria doccia con secchiate d'acqua calda. Alle 19:30 i bambini cenano.
Più tardi passo in tutte le stanze a rimboccare le coperte e dare la buonanotte.
Alle 21 torno nella mia stanza e crollo distrutta a letto!"

Chiedo a Margot qual è il destino dei bambini una volta compiuti i 6 anni di età.
I bambini dell'orfanotrofio nella maggior parte dei casi sono orfani di madre. Raramente, quando un parente si fa vivo per riaverlo, il bambino torna in famiglia. Più spesso i bambini vengono trasferiti nei collegi dove vanno a scuola, hanno vitto e alloggio.
Una delle cose positive della politica dell'orfanotrofio è il fatto che le suore continuano ad occuparsi di loro mettendo a loro disposizione i 250 euro che la famiglia adottiva italiana continua a inviare, nonostante i bambini non siano più residenti a Kituo Cha Yatima, comprando loro qualsiasi materiale di cui hanno bisogno come zaino, quaderni, matite, divisa scolastica e scarpe.
Questi bambini durante le vacanze di Natale e Pasqua tornano a Kituo Cha Yatima e rimangono per così dire 'figli dell'orfanotrofio'.

Questa realtà fa rimanere senza fiato e senza parole, ma si legge una speranza. Sembra sempre tutto troppo lontano, troppo disastrato e invece questo racconto dimostra come una persona possa fare la differenza per migliorare una situazione così drastica.

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